13 marzo 2016

LETTERA A UN SENATORE

(inviata dai magistrati onorari del Movimento Sei Luglio a tutti i senatori della Repubblica Italiana alla vigilia del voto al DDL S 1738 al Senato).

 

Sono un magistrato onorario. Prima di adottare un provvedimento che riguarda una singola persona, leggo e rileggo gli atti per assumere la decisione giusta. Il Parlamento sta per adottare un provvedimento legislativo che riguarda non solo i diritti di migliaia di magistrati onorari, ma anche milioni di cittadini i cui diritti sono affidati ai magistrati onorari. Perciò, prima di votare il DDL AS 1738, Le chiedo di leggere queste dieci pagine. Dopo averle lette e aver capito che il DDL AS 1738 è giuridicamente sgrammaticato, Le chiedo di leggere la proposta di emendamento del Movimento Sei Luglio, che sottoscrivo (e allego), e di favorirne l’approvazione. Le chiedo, quando voterà, di pensare anche a Giulio, il mio collega che dopo 18 anni di precariato come Giudice onorario, è stato colpito dal cancro. Dopo il primo intervento è dovuto tornare in aula violando le prescrizioni mediche per non perdere il proprio ruolo in Tribunale. È ancora in cura oncologica e quando si assenta dal lavoro non riceve un centesimo di indennità per malattia. Non è l’unico. Le chiedo anche di pensare alle donne magistrato onorario, che, in caso di maternità, devono assentarsi obbligatoriamente dal lavoro, ma per cinque mesi non ricevono un centesimo di indennità.

Le chiedo se si riconosce in un Paese che ammette tutto questo.

 

Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus.

La Costituzione consacra il principio di indipendenza, imparzialità e terzietà della magistratura agli articoli 101 e 104. A livello europeo il principio è stabilito dall’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo («ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge»). Non va trascurata nemmeno la Raccomandazione n. 12/2010 del Comitato dei Ministri agli stati membri sui giudici adottata in occasione della 1098^ riunione dei Delegati dei Ministri il 17.11.2010 ed avente per oggetto i tre pilastri di una buona giustizia: indipendenza e responsabilità di chi giudica e efficacia delle decisioni (il memorandum esplicativo spiega che essa si applica anche agli organi requirenti, nei paesi, come l’Italia, in cui l’organo dell’accusa è indipendente dall’esecutivo). Tale principio è violato dal ddl AS 1738, nelle previsioni che indico di seguito.

 

1)   Dai principi espressi in premessa discende che il magistrato onorario può ritenersi indipendente, imparziale e terzo, solo se:

 

-       essendo un magistrato “a termine”, alla scadenza del mandato abbia un’attività professionale da cui continuare a trarre il proprio reddito;

-       non avendo le garanzie proprie del lavoratore (previdenza, assistenza per malattia, ferie, maternità), tragga il proprio reddito da altra attività professionale.

 

Tale ragionamento è valido non solo nel caso in cui le funzioni giurisdizionali siano svolte a tempo pieno, ma anche nel caso in cui le funzioni giurisdizionali siano svolte a tempo semi-pieno o parziale, ove, al netto del reddito ricavato dalle funzioni giurisdizionali, la restante parte del reddito sia insufficiente. Per poter ricavare un reddito sufficiente dall’attività professionale, è necessario che l’attività onoraria sia svolta in modo occasionale (un giorno alla settimana).

Questa condizione, allo stato, non è possibile, in quanto ai magistrati onorari contemplati dalla riforma è richiesto un impegno superiore, come si ricava da due circostanze:

 

-       ad essi sono attribuite competenze della medesima specie di quelle dei magistrati di ruolo (le funzioni onorarie, cioè, non li impegnano  solo per il tempo dell’udienza, ma anche nel tempo necessario a preparare l’udienza e nel tempo necessario a  redigere i provvedimenti);

-       la percentuale di contenzioso di primo grado assegnato ai magistrati onorari è tale che il loro numero dovrebbe essere aumentato a dismisura per ridurre l’impegno individuale (con riferimento alle funzioni giudicanti si stima una percentuale del 50 per cento; i pubblici ministeri onorari consentono la celebrazione dell’80% per cento dei processi davanti al Tribunale).

 

 

Il disegno di legge AS 1738 non centra l’obiettivo (impossibile), di rendere onorario l’esercizio delle funzioni attribuite ai giudici di pace, ai giudici onorari di tribunale e ai vice procuratori onorari, ma mira all’obiettivo di imporre a tutti i magistrati onorari di avere un altro lavoro oltre all’esercizio delle funzioni onorarie.

Questo obiettivo si ricava dall’articolo 2 co. 13 lett d). Esso prevede che la dotazione organica dei magistrati onorari, i compiti e le attività agli stessi demandati, gli obiettivi stabiliti dal presidente del tribunale e dal procuratore della Repubblica e i criteri di liquidazione delle indennità siano stabiliti in modo da assicurare la compatibilità dell'incarico onorario con lo svolgimento di altre attività lavorative. Tale previsione ha lo scopo dichiarato (ancora più esplicitamente da vari rappresentanti del governo in occasione di convegni), di introdurre un correttivo al fatto che molti magistrati onorari attualmente svolgono le funzioni a tempo pieno. La previsione di un allargamento della dotazione organica (non più “pianta”), insieme alla riduzione dei compensi (e la previsione dell’impiego intensivo dei tirocinanti nell’ufficio per il processo), cioè, serve a imporre a tutti i magistrati onorari di cercare un’attività di lavoro complementare, per introdurre una nuova ipocrisia: dall’attuale situazione disomogenea di impiego a tempo pieno o semipieno dei magistrati onorari si passerà all’impiego a tempo semipieno di tutti i magistrati onorari.

Dal punto di vista dell’efficienza Le chiedo inoltre di valutare quanto sia utile all’amministrazione della giustizia assegnare funzioni giurisdizionali a tempo parziale a soggetti che, per  il resto del tempo, devono preoccuparsi dell’attività professionale di avvocato (come per lo più accadrà). Oltre a presentarsi dietro l’angolo in continuazione il pericolo di conflitto d’interessi, c’è da chiedersi fino a quando i singoli possano reggere due attività professionali (quella di magistrato onorario e quella di avvocato). Infine c’è da chiedersi se sia rispettato il buon andamento della pubblica amministrazione, dal momento che, oltre a prevedere, in prospettiva, la decadenza di magistrati onorari in servizio pur da diversi lustri, alla scadenza del numero massimo di mandati indicato, il disegno di legge impone in modo indiscriminato una riduzione dell’impegno individuale di tutti i magistrati onorari attraverso la previsione citata, di applicazione generale. Molti magistrati onorari, infatti, finora, hanno assicurato il proprio impegno a tempo pieno. La norma citata, invece, delega il Governo a introdurre dei correttivi utili a imporre ai magistrati onorari, d’ora in poi, di svolgere le funzioni giurisdizionali in misura complementare rispetto ad altre attività di lavoro, per ricavare un reddito sufficiente (attraverso la definizione della dotazione organica e la definizione dei criteri di liquidazione delle indennità, come ho cercato di precisare sopra). La previsione, così, comporta una dispersione delle professionalità dei magistrati onorari in servizio da molto tempo, anche riducendo il loro impiego, prima ancora che essi decadano per la scadenza del mandato. La previsione è deleteria anche perché, dopo che essi hanno ricavato per anni l’intero reddito dai compensi derivanti dall’esercizio delle funzioni giurisdizionali onorarie (sebbene modesto e sebbene senza il versamento di contributi previdenziali), impone loro di cercare altre fonti di reddito e quindi altre attività lavorative, condizionando certamente in modo negativo l’esercizio futuro delle funzioni giurisdizionali.

 

 

2)   I principi indicati in premessa sono violati anche dalla previsione che i magistrati onorari possano adottare provvedimenti in conformità alle direttive del magistrati professionali, salva, per loro, la possibilità di chiedere che il provvedimento venga adottato, invece, dal titolare del procedimento, quando non ritengano in concreto di poter provvedere in conformità (la relazione spiega che la misura serve a salvaguardare l’indipendenza del magistrato onorario – art. 2 co. 5 lett. a, n. 2; art. 2 co. 6, lett. b), n. 2). Si tratta di una disciplina abnorme, che viola anche il principio di responsabilità. Ove il magistrato professionale ritenga di adottare un certo provvedimento, deve assumersi la responsabilità di firmarlo, salvo delegare, nell’ambito dell’ufficio per il processo, la redazione al magistrato onorario. Non è utile argine la previsione della possibilità, per i magistrati onorari, di “rifiutare” l’adozione del provvedimento, in quanto, realisticamente, essi tenderebbero ad eseguire le direttive, assumendosene, loro malgrado, la responsabilità. La gravità di tale previsione emerge ancora di più in considerazione dell’applicazione della disciplina della responsabilità civile dei magistrati (legge 18/2015), anche ai magistrati onorari, i quali si ritroverebbero a dover rispondere di provvedimenti emessi in base alle direttive di altri.

 

3)   L’indipendenza, l’imparzialità e la terzietà della magistratura sono violate anche dall’art. 2 co. 8 lett. b, che prevede il trasferimento d’ufficio in altra sede per esigenze organizzative, e mal si concilia con l’inamovibilità propria delle garanzie che presiedono all’esercizio delle funzioni giurisdizionali, come si evince, d’altronde, dalla previsione del disegno di legge che individua nel trasferimento una sanzione disciplinare.

 

L’equivoco in cui continua a cadere il ddl AS 1738 (confondere le funzioni svolte a titolo onorario con l’attività lavorativa, anche con quella a tempo parziale), è smascherato, per altro, anche dall’art. 2 co. 13  lett. e), che rimette al legislatore delegato il compito di individuare e regolare un regime previdenziale e assistenziale “compatibile con la natura onoraria dell’incarico”, prevedendo l’acquisizione delle risorse necessarie “mediante misure incidenti sull’indennità”. La necessità di assicurare una forma di previdenza è dettata dal prevedibile permanente snaturamento delle funzioni onorarie, ma la previsione non garantisce un trattamento economico dignitoso, in quanto pone a carico esclusivo dei magistrati onorari l’onere dei contributi previdenziali. La disposizione è anche inutile, perché prevede espressamente ciò che è facoltà di tutti, salvo non avere le risorse economiche per provvedere.

 

Il DDL AS 1738 si rivela, inoltre contraddittorio, ove dovesse essere attuato in base alla relazione e ove fosse approvato l’emendamento presentato dal relatore n. 2.311, che prevede una strutturazione dell'indennità ripartita in una quota fissa ed in una quota incentivante. Oltre a quanto si dirà di seguito, tale previsione smaschera, infatti, l’incapacità di creare veri correttivi affinché le funzioni giurisdizionali onorarie siano svolte in modo occasionale.

 

Raccomandazioni.

Come ho scritto l’attuazione della delega potrà solo dimezzare l’impegno individuale dei magistrati onorari finora impiegati a tempo pieno, con la conseguente violazione della raccomandazione da parte del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa nel 2010[1], che vieta «sistemi che facciano dipendere dalle prestazioni gli elementi essenziali della retribuzione, in quanto essi possono creare difficoltà all'indipendenza dei giudici». Se, infatti, l’esercizio delle funzioni definite onorarie, diventerà un’attività semi-professionale, la Raccomandazione dovrà essere integralmente applicata anche ai magistrati onorari, costituendo una “frode alla legge”, la definizione di onorarietà per eludere i principi della raccomandazione stessa.

C’è da chiedersi, comunque, come possano essere individuati gli obiettivi, dal momento che la necessità di velocizzare l’attività in funzione di obiettivi quantitativi, rischia di fare sbagliare le decisioni (al magistrato onorario sarà richiesto di archiviare più procedimenti possibili per evitare i costi dei processi, anche dove gli indagati siano colpevoli e sia necessario il giudizio per stabilirlo?; oppure al magistrato onorario  sarà richiesto di produrre più provvedimenti possibili, incentivando la formulazione di rinvii a giudizio dal momento che la formulazione di una richiesta di archiviazione richiede più tempo?; al magistrato onorario sarà richiesto di emettere più sentenze possibile, incentivando la formulazione di motivazioni superficiali e sbagliate che richiederanno maggiore lavoro in sede di giudizio di impugnazione?).

 

Montesquieu.

La separazione dei poteri è uno dei principi cardine delle democrazie costituzionali. Il DDL AS 1738  viola anche questo principio.

Infatti costituisce un’interferenza incostituzionale del potere esecutivo sul potere giurisdizionale, la previsione che rimette annualmente al Ministero della Giustizia l’individuazione dell’importo di cui ogni tribunale e ogni procura della Repubblica può disporre ai fini della liquidazione delle indennità dei magistrati onorari (art. 2 co. 17). Non si comprende in base a quali criteri il Ministero debba fissare l’importo e la vaghezza della previsione fa sorgere preoccupazione di possibili strumentalizzazioni al fine di frenare l’attività di singoli uffici in funzione di interessi estranei al buon andamento della pubblica amministrazione (soprattutto in materia penale). Se, per i motivi che si è detto, inoltre, non sarà escluso lo snaturamento delle funzioni onorarie, la previsione aggiunge elementi di precarietà per i magistrati onorari, con conseguente aggravamento della violazione del principio dell’indipendenza  della magistratura. La norma mina anche il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale.

 

Deleghe in bianco

Il disegno di legge delega si presta a rilievi di legittimità costituzionale, anche sotto il profilo dell’insufficiente determinazione dei principi e criteri direttivi (art. 76 Cost.). Diverse previsioni, infatti, costituiscono una vera e propria delega in bianco. Si pensi alle previsioni relative alla determinazione del compenso (art. 2 co. 13), e all’indicazione delle caratteristiche dei compiti affidati ai magistrati onorari all’interno dell’ufficio per il processo, così generica da consentire l’affidamento ad essi di compiti non giurisdizionali (con l’ulteriore anomalia di un impiego a titolo onorario in compiti  di carattere amministrativo, che sfugge ad ogni logica di sistema). La stessa critica va mossa alla formulazione dell’art. 2 comma 5 lett. b-bis (come modificata con emendamento in Commissione Giustizia al Senato). Essa, infatti, si limita a delegare il Governo a prevedere «i casi tassativi» in cui il giudice di pace onorario possa essere applicato per la trattazione di procedimenti civili e penali di competenza del tribunale ordinario, senza indicare in base a quali principi e criteri direttivi. La disciplina relativa ai compensi è totalmente indeterminata (anche ove dove essere approvato l’emendamento n. 2.311 del relatore, dal momento che il quantum è indeterminato).

 

 

Europa.

Finora il legislatore ha impiegato come espediente i magistrati onorari, denominandoli tali, ma impiegandoli necessariamente come lavoratori (a tempo pieno e semi-pieno e prorogandoli di anno di anno, per evitare il collasso), salvo negare loro le tutele sociali proprie dei lavoratori, creando così un’area franca nella Pubblica Amministrazione in cui lo Stato ha consumato abusi che sanziona severamente se commessi dal datore di lavoro privato.

Tale impiego, oltre a violare i diritti dei lavoratori sanciti dalla Costituzione, configura un abuso  secondo la normativa europea.

Già la sentenza della Corte d’Appello di Torino del 7 luglio 2014  ha rigettato la domanda dei ricorrenti magistrati onorari (che rivendicavano la gestione separata INPS), in quanto la loro attività non è riconducibile al lavoro parasubordinato, bensì la loro è un’«occupazione stabile», la loro attività è mutata rispetto allo schema normativo, e la “trasformazione”  - dicono i giudici - dovrebbe indurre ad una riconsiderazione a livello legislativo.

Nel frattempo è intervenuta la Commissione Europea, che ha aperto un’istruttoria per valutare l’apertura di procedura di infrazione a carico dell’Italia per violazione del diritto europeo (citando la nota sentenza della Corte di Giustizia Europea “Mascolo” - che riguardava l’abuso del rapporto di lavoro a termine degli insegnanti -, e la sentenza “O’ Brien”, che costrinse il Regno Unito ad adottare una moratoria per evitare un contenzioso di massa dei magistrati onorari).

Numerosi magistrati onorari stanno presentando ricorso al giudice nazionale chiedendo il riconoscimento dello status di lavoratore subordinato, e formulando questione pregiudiziale europea  ai sensi dell’art. 267 TFUE.

Lo stesso Consiglio Superiore della Magistratura in data 24 febbraio 2016  ha trasmesso un parere al Ministro della Giustizia riconoscendo il conflitto “dell’attuale assetto della magistratura onoraria con la disciplina di matrice europea”, proponendo, per altro, la stabilizzazione nell’Ufficio del processo “laddove, nel futuro, a tale istituto dovesse essere assegnata dal legislatore una diversa e più pregnante funzione al servizio della magistratura ordinaria” (della necessità di prevedere un modello forte di ufficio del processo, che imprima efficacia alla giustizia, deve farsi carico il Governo).

Il DDL AS 1738, non prevedendo un regime transitorio che tenga conto dello snaturamento delle funzioni svolte, di fatto, dagli attuali magistrati onorari impiegati come veri e propri lavoratori (salvo prevedere la loro proroga per un ulteriore termine), espone l’Italia a sanzioni della Commissione Europea, a pronunce della Corte di Giustizia di riconoscimento dell’incompatibilità del diritto interno con il diritto europeo, e a conseguenti azioni risarcitorie con costi elevatissimi per l’erario.

 

Corsi e ricorsi storici.

Ricordo che negli anni Settanta sono state approvate dal Parlamento italiano due stabilizzazioni dei magistrati onorari (si trattava dei vice pretori onorari), con la Legge 18 maggio 1974, n. 217, e con la Legge 4 agosto 1977, n.516. Ma ricordo che, prima ancora, un’altra stabilizzazione era stata prevista dal decreto legislativo luogotenenziale 30 aprile 1946, n. 352. Noi chiediamo molto meno, cioè di prendere atto che, salvo raddoppiare il ruolo dei magistrati di carriera (ma lo Stato non potrebbe economicamente permetterselo), è necessario prevedere un ruolo corrispondente alle funzioni che, in concreto, ci vengono assegnate attualmente (e non possono non esserci più assegnate, se si vuole evitare il tracollo della giustizia), riconoscendo le tutele sociali che ci spettano e un trattamento economico dignitoso.  Non è, infatti, più tempo di espedienti, per dirla con il deputato dell’Assemblea Costituente Ferdinando Targetti, che il 31 gennaio 1947 diceva: «[…] sin dai tempi del Mortara si sosteneva che l’espediente migliore per facilitare la risoluzione del problema del miglioramento delle condizioni economiche dei magistrati sarebbe stato quello della riduzione del loro numero – specie nei gradi inferiori – sostituendoli con magistrati onorari».

L’Europa non lo accetterebbe. Inoltre la riforma della magistratura onoraria deve diventare un’occasione per risolvere la crisi della giustizia e la proposta che allego e di cui Le chiedo di favorire l’approvazione, può diventare la chiave di volta per farlo.

 

Distinti saluti